Catherine

Il mal di pancia non c'è più

Il mal di pancia non c’è più.

Sono passate alcune settimane da quando Catherine ha iniziato ad occuparsi di sistemica, è mattino, ed è la prima comunicazione di Catherine, curiosamente euforica e gioiosa: mi sono svegliata questa mattina, e mi sono accorta di una cosa straordinaria, il mal di pancia non c’è più.

Non è il mal di pancia con le fitte, quello da indigestione, no no, è quello del pugno serrato allo stomaco, del vuoto, del disastro imminente, dell’urgenza di porre rimedio, di fare qualcosa… e questa mattina non c’era.

Sembrerà ridicolo, ma è così che io sento: adesso che sento che non c’è più, mi accorgo che non mi rendevo conto che ci fosse, per me era normale che ci fosse, del tutto normale sentirlo tutto il giorno, un po’ più intenso, un po’ sullo sfondo, ma sempre con me, un basso continuo, incessante… da quanto era lì?

Ah, mio caro, non lo so, adesso riesco a ricordare che c’è sempre stato, o meglio, non riesco a ricordare un momento in tutta la mia vita, e ho 55 anni, in cui non fosse lì a tenermi compagnia… e così oggi, questa mattina, quando al risveglio ho iniziato a riprendere coscienza di me e di quello che avevo intorno sono rimasta sbalordita, incredula… manca qualche cosa, qualche cosa che ho sempre portato con me e che non sapevo di portare con me, e adesso che non c’è, che meraviglia, adesso che non c’è più, solo adesso, solo oggi so che è sempre stato con me, che io non lo sapevo, e che adesso non c’è più, andato, svanito, puff… tornerà?

Come è successo che sia sparito? Ahhh, come sto bene, per me è del tutto nuova questa sensazione, ancora quasi non ci credo, ma è quello che sento, continuo ad andare a “vedere” se non mi sono sbagliata, se è stata solo un’impressione, come se fosse un dente che non sapevo di avere e che mi faceva male, il male non c’è più, tocco il dente e il male non torna, non torna…. Il mal di pancia non c’è più, non c’è più.

Come è successo? Come è stato possibile? Tornerà?

A queste domande ora mi riesce di rispondere, ci sono voluti solo pochi mesi, in fondo… a me sono sembrati anni, il tempo ha cambiato il suo passo, nel mio sentire, ma la misura è lì, certa ed affidabile, pochi mesi.

Sono bastati pochi mesi per cambiare quello che era lì da decenni, e sto bene, bene in un modo che non ricordo di aver mai conosciuto prima di oggi, il mal di pancia non c’è più, il mal di pancia non c’è più, scoppio di contentezza, non so cosa fare, mi metterei a ballare, a gridare di gioia, speriamo che mi passi, devo incontrare clienti e non li posso affrontare in queste condizioni.

Benedetti e maledetti codici, erano loro, che altro mai poteva essere…

dunque sono stata sotto minaccia grave da che ho memoria di me, alla faccia della famiglia mulino bianco che ho raccontato tante volte, papi che lavora, che rischia, che riesce, che diventa imprenditore di successo dopo aver lasciato un lavoro sicuro e ben pagato, che è vivace, che gioca, che c’è poco, ma quando c’è è il mio dio, maman che tiene la casa e i quattro figli, e anche la sorella della nonna, ormai vecchia e stanca, i miei fratelli più grandi, bastardi e cattivi, con cui facevo giochi da maschio, bellissimi, mia sorella piagnona e malaticcia, una lagna insopportabile, sempre in braccio alla mamma… la nonna, mia nonna, la mia nonna, da cui andavo con enorme felicità, e il nonno che mi ha insegnato gli scacchi…

Un gran bel racconto, non trovi? Tutto vero, mica era una invenzione, era tutto vero quello che ho raccontato… ma c’era dell’altro, non poco d’altro, accidenti, parecchio, molto di più e per me non buono, proprio no.

E poi mi è capitato, sì, lo so, ho fatto la mia parte, anche se non lo sapevo, quel cristo di marito, e le mie due figlie, Catherine e Suzanne, e Suzanne che non ce la fa, Suzanne che è un talento del violino, assediata dal papi, Suzanne che deve riuscire ad ogni costo a vincere le partite che il papi ha continuato a perdere per tutta la vita, una bimba tartassata hai-fatto-gli-esercizi-oggi, fammi-sentire, no-non-va-bene, ancora-ripeti, io proteggo, argino, ma non abbastanza, lui implacabile non molla, martella, martella, martella, e non va mai bene, e Suzanne diventa anoressica, non mangia più, quando c’è papi mangia e vomita, mangia e vomita, e poi non vuole più mangiare… cambio città, vado lontano con le mie figlie, e anche lui cambia città, mi segue, siamo legalmente separati, ma mi segue, mi stalkera, stalkera le figlie, lo denuncio, lo interdicono, tenta di uccidersi ingerendo farmaci, poi chiama il 118, e dal pronto soccorso chiamano me, su sua indicazione, se lo venga a prendere, mi dicono, che cazzo c’entro io, vada dove vuole, ma di certo non qui, e poi ci riprova, ma prima manda messaggi a me e alle figlie annunciando il gesto, avviso la polizia, mi chiedono dove potrebbe essere andato, una delle risposte è quella giusta, lo ripescano mezzo annegato, si era gettato in mare con l’auto, peccato, dico adesso, era meglio che moriva, è andata avanti così per un pezzo…

E poi il socio, già, prima amante e compagno, più vecchio di me, un po’ più del mio ex marito, altra tagliola in cui sono cascata, l’ho cavato da guai seri, so come si fa, questo dopo, prima era lui quello grande, capace, protettivo, balle,  e me le sono bevute… e via anche da lì, ma restiamo soci, business is business, il mio mestiere lo so, e bene… ad ogni contrasto serio la proposta era: vado a schiantarmi con la macchina contro un tir, ma cazzo, vi siete parlati?

Anni in quella prigione, e intanto Catherine, almeno lei, sembra che ce la faccia, è tosta, ha resistito al papi, sì, non un genio musicale ma molto brava, sgobba e si protegge con lo sgobbo, si diploma in pianoforte, decimo anno, da voi in Italia è un delirio, si laurea in architettura, trova un lavoro che non c’entra niente con tutto quello che ha fatto, si deve pur campare no, lì trova quasi subito un compagno, va a convivere, sembra contenta…

E Suzanne resta con me, prima interrompe gli studi, per due anni, adesso lo chiamano hikikomori, o hakikomori, non mi ricordo, sta in casa, non esce mai, però sta attaccata alla rete, social a gogo, e ovviamente videogames e film, non vede nessuno, sembra uno zombie, in tuta o in pigiama… interrompe la scuola perché a scuola la bullizzano, e a nulla sono valse le mie proteste e denunce… poi, improvvisamente, decide che il diploma lo vuole, e così in 18 mesi recupera gli anni persi e si diploma… poi lavoricchia, qua e là, ha vent’anni, è una topa da urlo, storie finché ne vuole, poi trova uno, per un po’ va a vivere con lui, dopo qualche mese torna che è uno straccio… già, torna, che dovevo fare, neanche mi è venuto in mente che ci fossero altre strade

Loro due sembrano un po’ me e mia sorella, io me la cavo e mia sorella frignona e sempre malata in braccio alla mamma, Catherine se la cava, e Suzanne in braccio alla mamma… anche oggi è così, mia sorella, 50 anni, ancora in braccio alla mamma, che perde colpi, alla grande, ma ancora non abbastanza, sei telefonate al giorno, ogni giorno mangia con la mamma a mezzodì, il pranzo lo prepara mammà, maman eh?, a sera cena a casa, ma lì c’è il compagno che fa e provvede a tutto, cucina-lava-stira-tiene-in-ordine, neanche un brutto uomo, mia sorella è un cesso, piena di mali continui, lavora tre giorni su cinque da anni, ma il posto glielo ha trovato papi, e là è ancora una figura temuta

E io qui, con Fifì, il socio, ah no, ora ex-socio, quel business che va a rotoli, meno male che il mio, quell’altro, quello che ho avviato io, tiene, ma quello mangia da questo, e non va bene, Suzanne che prova a riprendere a studiare per un cazzo di laurea breve e poi pianta lì, ha un’altra storia, pareva funzionare, poi a terra di nuovo, per lavorare servirebbe la patente di guida, Suzanne non ce l’ha e non la vuole, chiusa in casa di nuovo, e poi la vuole, e come la volta scorsa, zac, in poco tempo la ottiene, e poi prova una strada alternativa, chissà da dove le è saltata fuori, il violino prende polvere nella sua custodia… a volte lo prende in mano, suona qualcosa, tecnicamente è diplomata anche lei, settimo anno, e poi lo rimette via… protezione civile, ma che roba è?, vabbé, basta che esca di casa, perdio, non va bene che passi le giornate a letto con la coperta sopra la testa, e poi soccorritrice volontaria, chi l’avrebbe detto, ce la fa, e poi arriva Julien, figlio di un’amica…

e vabbé, prima pensavo così, gli amici e le amiche erano quelli, ora ne so di più, mica pensavo quando ti ho cercato per darmi una mano con la gestione del socio, dio che stress, che poi avrei trovato tutta ‘sta roba qua, mica mi dispiace eh, ah no, ho avuto fortuna, e ho sempre pensato di essere fortunata… eddài, fammelo passare, sì, lo so me lo ricordo bene, lo uso tutti i giorni, occhio al sempre, occhio al mai..

con Julien, il suo modello preferito, più giovane di lei, sì, quest’anno batte i trenta la pupetta, Julien ne ha ventidue, bellissimo, già, tatuatissimo, prova di appartenenza alla specie delle scimmie, sono due settimane di paradiso, Suzanne è radiosa, e poi Julien se ne torna dal papi in una città molto lontana, è venuto da mami, vicino a casa nostra, per cercare una nuova vita, sulle spalle di mami, separata da papi da anni, l’amica, curioso no?, i figli sono sempre affidati alle madri, da voi in Italia, invece l’amica lo ha spedito dal papi, e ti saluto e sono… salvo rompergli i coglioni ogni tanto, a Julien,  non al papi ed ex marito, secondo l’amica l’ex marito i coglioni non ce li ha mai avuti, perché Julien non fa e non è quel che potrebbe e dovrebbe… quasi uguale a come era sua mamma, dell’amica voglio dire, a parte la separazione, l’amica non è mai stata all’altezza delle aspettative, ha deluso, tutta la vita, e l’amica è ancora arrabbiatissima con sua mamma, morta da anni, non hai idea dei pipponi che mi sono subita per mesi, e la mamma qua e la mamma là, due palle infinite…

stupida io ad averlo presentato ad un imprenditore amico, lo avrebbe preso, e tutto pareva andare a posto, una specie di magia… ma era proprio carino, diceva le cose giuste al momento giusto, era gentile e affabile, bello e sorridente, pieno di ottimi propositi, almeno a starlo a sentire, trattava benissimo Suzanne, premuroso e romantico, rispettoso e affettuoso

Poi Julien non si presenta il primo giorno di lavoro, fa la valigia, e torna dal papi, e dopo poco fa sapere a Suzanne che non gli piace l’idea di mantenere una relazione a distanza, a lui non va bene

E Suzanne va in pezzi, comincia a delirare, vede il papi che la rimprovera aspramente, sviene ogni due per tre, e poco dopo si taglia le vene ai polsi

sì, lo so, l’ho già raccontato, abbi pazienza, adesso racconto di nuovo tutto, ma senza il mal di pancia, non c’è più, non c’è neanche adesso che rifaccio tutta la strada che abbiamo già fatto tante volte… lo racconto ancora come lo raccontavo prima, sapendo che è il racconto che raccontavo prima, e che questo è il racconto di maman, non è più il mio, non mi serve più, è il miglior racconto che potevo fare fino a pochi mesi fa, adesso ne ho un altro, dio che fatica, ma ne è valsa la pena, ne vale la pena…

sono taglietti, non tagli seri, decido di evitarle il TSO, trovo un’altra psichiatra, già, ce n’era una, sentendo della faccenda si ritira, dice che non può aiutare, convinco Suzy a vederla, grazie a dio pare che ingrani, diagnosi non disastrosa, farmaci, of course, che cosa mai potevo aspettarmi, e il consiglio di un percorso psicoterapeutico…

e intanto io sempre più a pezzi, Fifì minaccia il suicidio, il nostro business va a rotoli, venire via da lì la vedo come mission impossible, Suzy in uno stato pietoso, il nuovo compagno lo avevo mollato un anno prima, già il poster, un gran fusto, bellissimo, inutile come un poster, appunto, e dunque da sola, ancora da sola, solla, eh, ti ricordi, sì, come dicevo da bimba quando volevo che mi lasciassero fare da sola, senza aiutarmi.

E poi questi mesi, sconquassati e bellissimi, Suzy ancora hikikomori, ma riesce a mantenere il suo impegno di volontaria, e il lavoro a chiamata che aveva trovato prima del crollo… e il piano, difficilissimo, di sgancio da Fifì, eh, ti ricordi, sì, mettimi il veleno nella minestra, di riduzione delle perdite economiche, di ripresa del mio business ma soprattutto io cambio, sono io che cambio, sono io che imparo e cambio.

Sono brava eh?, in dieci minuti ho rifatto tutta la strada, e niente mal di pancia, neanche un po’, pensavo che lo avrei ritrovato toccando la faccenda Suzanne, o Fifì, o la fatica di rimettere in piedi il business, l’incertezza di questi mesi dopo la picchiata del covid… no, il mal di pancia non è tornato, non c’è proprio più.

C’è dispiacere e rabbia, ma anche forza, lucidità e determinazione, consapevolezza dell’intreccio complicato che è l’avere a che fare con mia figlia… beh, vediamo che cosa possiamo farci.

***

Questa storia era iniziata dalla “piccola” cosa costituita dallo “stress-da-socio”, avere a che fare con il socio era fonte di enorme stress, c’era la voglia e la necessità di cambiare radicalmente, il socio era diventato insopportabile e il business andava a rotoli, ormai da tempo… ma?

Se il socio è insopportabile e il business va a rotoli, beh, non sembra tanto difficile, no? Si tratta di fare una botta di conti, profitti e perdite, vedere quale strada prendere per ottenere il massimo o perdere il minimo, e poi agire.

Non necessariamente, e certo non in questo caso.

Per sciogliere le difficoltà, che non pareva possibile sciogliere, ed eliminare lo stress è stato necessario e sufficiente cercare che cosa si opponesse ad una ragionevole e semplice scioglimento di una piccola impresa da tempo in perdita.

Le pagine che seguiranno racconteranno fedelmente che cosa abbiamo trovato e come siamo riusciti a risolvere, con soddisfazione, questo problema, e come siamo riusciti a risolvere il resto.