Arrabbiarsi

Il problema è antico, tra le definizioni potremmo prendere quella attribuita ad Aristotele:

“Chiunque può arrabbiarsi: questo è facile; ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, ed al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile.”

Dopo duemila quattrocento anni la questione non è ancora stata risolta, tutti dovremmo, dopo duemila quattrocento anni, essere capaci di arrabbiarci nel modo giusto eccetera eccetera, e invece no, macché, siamo fermi al palo, o quasi.

E come mai? Posto che è abbastanza riconosciuto che arrabbiarsi può anche essere molto utile, è energia messa a disposizione di uno scopo, e dio solo sa se non ci sono eccellenti scopi, universali, che meritano di essere raggiunti: dalla buona gestione delle risorse dell’ambiente alla eliminazione della miseria, della povertà, della fame, delle morti inutili di milioni di esseri umani, di bambini…. l’elenco non è infinito, è certamente molto nutrito.

Oggi alcune risposte ci sono, risposte che per me sono buone abbastanza, abbastanza solide da poterci costruire sopra, o almeno tentare, una strada diversa lungo cui incamminarci, tutti. Pretenzioso? Presuntuoso? Non mi importa molto di questi eventuali giudizi dei miei simili, conto che la stragrande maggioranza degli abitanti del globo sia, oggi, abbastanza stufa di come le cose stanno andando, e so per certo che ad alcuni interessa individuare un diverso assetto planetario per la vita della nostra specie..

 

Partiamo dal coronavirus covid-19, altrimenti detto SARS-CoV-2, non solo e non tanto per l’ovvia ragione che oggi di altro quasi non si parla, ma soprattutto perché in questo frangente difficile della vita di tutti i popoli e di tutte le nazioni del globo troviamo una conferma palmare, incontrovertibile, salda e solida, di una possibilità che almeno alcuni di noi hanno da tempo immaginato.

Siamo arrabbiati? Eh, un po’ sì, poi ci se ne fa una ragione, mascheriamo la questione da causa di forza maggiore, da ostacolo imprevedibile che ci ha trovato (ci chi? lo vediamo dopo) impreparati, per attenuare il nostro disagio di tutti i giorni, ma non ci piace, non ci piace proprio: la libertà di movimento severamente limitata, la difficoltà di accedere a cure specialistiche, la possibilità di essere colpiti e falciati dal virus, la separazione da chi amiamo (per chi ha ancora qualcuno da amare), per molti i morti che non si possono piangere, i moribondi che non si possono accompagnare.

Per molti le brucianti difficoltà generate dal blocco, le riserve di denaro che si bruciano per sopravvivere senza guadagnare, il semplice mantenimento che risulta sempre più difficile garantire a sé e a chi amiamo, licenziamenti di massa, il lavoro che non si trova, molto peggio di prima del covid, e già prima non era facile, le nere previsioni per i prossimi due anni, poiché le cose, naturalmente andranno peggio, sempre peggio, le difficoltà aumenteranno, e molti saranno disarmati, senza difesa e protezione, non solo dal previsto e probabile ritorno del virus tra pochi mesi, ma soprattutto dalla difficoltà che cresce ogni giorno di riuscire a provvedere a se stessi, letteralmente a sopravvivere, cibo, riparo, compagnia.

Più che arrabbiati sembriamo spaventati e inermi, solo qualcuno, ancora non tantissimi, si arrabbia: come tutti, anch’io ho accesso al mondo solo attraverso le notizie pubblicate dai quotidiani, e dico per fortuna che c’è il web, e sono notizie quotidiane quelle che riguardano gente che si incazza perché non ha soldi in tasca per comprarsi da mangiare e tira fuori la pistola al supermercato, si incazza perché non ci sono le mascherine, si incazza perché non può ricevere cure appropriate, ospedali intasati e al collasso da covid, perché i propri cari non possono essere adeguatamente curati, si incazza perché le voci autorevoli sono tante, troppe, un giorno dicono una cosa in un modo e il successivo in un altro, completamente opposto.

 

Si incazzano e minacciano la serrata perché non ci sono i dispositivi di protezione, e si trovano letteralmente a rischiare la pelle per dare servizio alla comunità.

A tutti gli incazzati del mondo vorrei far pervenire la mia profonda solidarietà, uniamoci e facciamo qualcosa di utile per tutte le comunità di tutto il pianeta.

Io sono profondamente incazzato, stabilmente e irrevocabilmente, freddamente incazzato, consapevole dei motivi e perfettamente lucido sui destinatari, insomma contro chi e che cosa.

Sono incazzato perché ho paura, come tutti.

Già, non tanti lo sanno, presi nel turbine della quotidiana esistenza, sono pochi coloro che possono e riescono a capirci qualcosa di più: gli umani sono congegnati così da milioni di anni, la collera è una delle emozioni innescate da quella emozione ancora più antica che si chiama paura.

Paura di che? Come tutti gli umani ho paura per la mia sopravvivenza, per la mia vita, per il mio stile di vita, che mi piace e che vorrei molto mantenere, materialmente minacciati ogni singolo giorno, come vedo minacciata la vita e la sopravvivenza di chi amo, di mio figlio, dei miei fratelli, di mia sorella, degli amici.

Pochi sono oggi abbastanza lucidi e coraggiosi da puntare il dito su fatti evidenti e incontrovertibili, il primo di tutti, il più importanti in questa pandemica congiuntura, è che, in verità e in realtà, il virus NON è il problema da risolvere.

Pochi, e io sono tra questi, hanno il coraggio di puntare il dito non sugli oltre duecentotrentamila morti, ma sulla condizione planetaria della assistenza sanitaria: il covid NON è un problema dove e quando (l’esempio della Corea basterebbe) l’organizzazione della assistenza sanitaria ha risorse sufficienti per affrontare il problema contingente, senza trovarsi costretti alla drammatica soluzione del togliere il respiratore all’uno per metterlo ad un altro che ha “migliori possibilità di vita”, o a doversi appellare alla precedenza acquisita in qualunque modo, così motivando il rigetto degli ultimi in fila.

Non ci sono abbastanza risorse, e cioè non ci sono abbastanza medici e infermieri, non ci sono abbastanza dispositivi di protezione, non ci sono abbastanza postazioni di cura intensiva, non ci sono abbastanza test, il ritornello è sempre, dovunque quello, non-c’è-abbastanza-di.

 

E qui mi incazzo. Eh sì, come si fa a non chiedersi: e come mai non ci sono abbastanza risorse per fornire una adeguata assistenza sanitaria per fronteggiare situazioni ampiamente previste, e da grande tempo, da decine di anni?

Chi e come ha fatto sì che venisse a mancare, a tutto il pianeta, anche ai paesi e alle nazioni di quella parte del mondo cosiddetta “sviluppata”, il presidio efficace ed efficiente alla salute di tutti?

 

Ricapitoliamo: siamo arrabbiati per lo scopo giusto? Sì.

Siamo arrabbiati nel modo giusto? Nel grado giusto? Sì, almeno qui, stiamo riflettendo, pensando, cercando strade e soluzioni, non abbiamo affatto in mente di agire con violenza, ma vogliamo trovare buone risposte e buone soluzioni.

Siamo arrabbiati nel momento giusto? Ecco forse questo no, siamo in ritardo, o almeno potremmo esserlo, mica queste cose sono successe in un giorno, ma, come vedremo, c’erano buone ragioni, Ragioni che oggi non ci sono più.

Siamo arrabbiati con la persona giusta? Beh, un po’ di pazienza, ci stiamo lavorando, il problema è complesso, ma abbiamo una traccia, una pista solida: dobbiamo individuare chi e come ha fatto sì che venisse a mancare, a tutto il pianeta, il presidio efficace ed efficiente alla salute di tutti.

Continuiamo la caccia.

marzo 2020


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