John O.

Poco più che trentenne, una solida laurea in economia presso una prestigiosa università americana, fisico atletico, modi e sorriso accattivanti, ottima espressività, fluida e piacevole, solo qualche lieve traccia di tensione, viene rapidamente al punto: da alcuni mesi, per contrastare lo stress a cui è sottoposto, dietro parere e prescrizione medica, assume farmaci, principalmente per evitare che si ripresenti una specifica condizione.

Gli è successo, alcuni mesi fa, senza che fosse possibile trovare una valida ragione, di trovarsi come bloccato nel corso di una presentazione dei servizi della azienda per cui lavora, presentazione che aveva fatto innumerevoli volte, un compito che non presentava assolutamente alcuna difficoltà.

Il blocco si era presentato come un imprevedibile e incontrollabile blocco di pensiero e di parola, non aveva più in mente che cosa dovesse dire dopo, che cosa seguisse a ciò che aveva appena finito di dire, era durato alcuni secondi, secondi in cui si era sentito perso e atterrito… gli astanti non se ne erano probabilmente nemmeno accorti, prendendo il suo silenzio come una pausa ad effetto, magari un po’ prolungata.

Ma lui sapeva che non si trattava di una pausa intenzionale.

La prima volta che questo accadde non se ne preoccupò affatto, ma il fenomeno si ripeté ancora, destando in lui viva preoccupazione: è una prestazione chiave nel suo attuale ruolo professionale, per questo decise di ricorrere (dietro consiglio del padre, primario di chirurgia di un importante ospedale della capitale) all’aiuto di una specialista, eccellente psichiatra, che prescrisse due farmaci, uno da assumere quotidianamente, l’altro a discrezione del giovane manager, in vista di meeting che fossero stimati come particolarmente critici e potenzialmente stressanti.

Per alcuni mesi le cose andarono bene, poi arrivarono le vacanze, pienamente e ampiamente godute in compagnia di amici e della fidanzata, che diventerà moglie tra pochi mesi, pieno benessere recuperato.

Al rientro dalla vacanza, si sentì talmente bene da decidere, senza consultare la specialista, di non riprendere l’assunzione del farmaco, che aveva interrotto all’inizio della vacanza… e di nuovo, in modo del tutto inaspettato, e senza che comparisse alcun segno premonitore, il blocco si ripresenta nel corso della prima presentazione ad un nuovo cliente.

Informata la specialista dei recenti avvenimenti, che lo rimproverò aspramente, riprende l’assunzione del farmaco, il blocco non si ripresenta più.

Ma il nostro giovane manager non è contento della soluzione.

L’azienda in cui lavora gli piace, gli piace il lavoro che fa, è contento delle ricompense che ottiene, ha ottimi risultati, gestisce quasi tutti i clienti più importanti della azienda, ha ottime prospettive di crescita e di carriera, gli piace la gente con cui lavora, gode di tutti i benefit di una giovane azienda in cui lavorano giovani brillanti, in cui tutti sono giovani, il più “anziano” ha meno di quarant’anni, il CEO ne ha 36, è un genio… certo, la pressione è alta, le cose da fare per mantenere i risultati ottenuti sono tante, gli obiettivi sono ai limiti dell’impossibile, ma per lui non è niente di nuovo, è sempre stato così, sin dai tempi della scuola superiore.

Il padre, amato e rispettato, gli ha insegnato che deve e può dare sempre più di quello che è “normale”, per poter poi godere di adeguati privilegi e ricompense.

Mentre ne parla gli occhi si illuminano, e la voce si scalda… vorrei tanto dare a mio figlio ciò che mio padre ha dato a me, trasmettere a lui ciò che mi ha trasmesso mio padre.

Non gli va l’idea di doversi impasticcare per il resto della sua vita, anche se è stato informato che tanta gente lo fa, senza effetti collaterali: per questo sta cercando una soluzione alternativa, che gli permetta di risentire meno della pressione, di sentirsi meno teso, tra l’altro per lo svolgimento di compiti che ha affrontato con successo innumerevoli volte ed in cui è sempre riuscito a ottenere ottimi risultati.

Di questo suo desiderio e intenzione ne ha discusso con il padre prima, e con la specialista poi, ottenendo da entrambi parere favorevole… una precedente esperienza con uno psicologo, vissuta anni addietro, lo aveva totalmente deluso, e quindi sembrava poco propizio ricorrere ad una qualche forma di psicoterapia.

Inoltre, per il giovane manager, era del tutto evidente che la questione riguardasse squisitamente aspetti professionali, convinzione condivisa anche dal padre, che chiese indicazioni ad un dirigente d’azienda con cui era in ottimi rapporti, quel dirigente che avevo appunto servito anni fa.

L’opzione executive coaching, caldeggiata dal dirigente che aveva tra le altre cose anche trattato con me, con successo, la questione dello stress, sembrava fare al caso suo, ed eccolo qui.

Insomma lì, lui a Houston e io a Milano, il sistema di videoconferenza funziona perfettamente… non è il luogo esatto, per riservatezza ho cambiato molti riferimenti, in modo che non sia possibile riconoscere il giovane manager in alcun modo: da qui in avanti lo chiameremo John O.

Il racconto di John O è torrentizio e spumeggiante, fluisce con continuità, faccio pochissime domande e dico pochissime cose… ci avviciniamo alla conclusione di questa prima sessione esplorativa, e ora che si fa?

Lei deve sapere che io considero noi umani come meravigliose e stupefacenti macchine biologiche: come qualunque macchina anche noi funzioniamo usando codici, esattamente come i robot in fabbrica, o i nostri personal computer.

Codici che guidano le nostre azioni, tutte mirate a garantirci le migliori condizioni di sopravvivenza; per me sopravvivenza è tutto, non solo il restare vivi, ma gli abiti che indossiamo, la carriera, casa, famiglia, pensiero, tutto è forma di espressione di questo comando a cui tutti noi obbediamo.

Il quadro che lei ha presentato è chiarissimo, è necessario approfondire gli elementi, prima di poter sciogliere le riserve ed eventualmente procedere.

Lavoreremo sui codici, inutile che io cerchi di spiegarle in che modo funzionerà il nostro lavoro insieme, è necessario che lei lo provi, in modo da poter a sua volta valutare se per lei vale la pena continuare, nel caso che si possano sciogliere le riserve.

Posso però dirle questo: il blocco che lei ha descritto è frutto di uno o più codici entrati in azione, per la sua migliore protezione.