Il Postulato del Meglio

A noi umani piace la verità.

E questo per ottime ragioni, sulle nostre verità giochiamo le nostre vite, il nostro destino, in ogni momento.

Il nostro sistema emotivo, implacabile e potente, ha le idee chiarissime in proposito: verità è buona, non-verità è pericolo.

Il processo è abbastanza più complicato di così, naturalmente, ma per i nostri scopi il riassunto può bastare, almeno per ora: nella gestione del feedback negativo, il sistema emotivo ci mette sotto scacco, blocca la strada nella direzione dell’ottenere il riconoscimento di Helper, sollecita reazioni ostili del nostro collaboratore, rende qualunque tecnica un rituale esteriore, poco efficace se non controproducente.

La verità è che il collaboratore ha fatto quel che non doveva e non ha fatto quel che doveva, le conseguenze sono lì da vedere, mette a rischio la sua vita, è un cattivo esempio per gli altri, danneggia il lavoro degli altri, e quindi il nostro.

Ed è una verità che piace al nostro sistema emotivo, che fulmineo innesca i codici adeguati per averci a che fare, lotta o fuga, e le correlate emozioni, collera o paura: il sistema dell’altro, del collaboratore, “copia” i dati emotivi, e trae le sue conclusioni, è sotto minaccia, e a sua volta attiva gli stessi antichi codici, lotta o fuga, le stesse emozioni, collera o paura.

Sempre che non arrivi ad incontrarci già “abitato” da quelle emozioni, probabilmente è consapevole di aver fatto qualcosa che non doveva, di non aver fatto qualcosa che doveva… partita difficile.

Un suggerimento che veniva fornito era di focalizzare almeno 3 punti positivi del collaboratore, prima di incontrarlo, mentre ci si prepara alla somministrazione del feedback negativo, in modo da orientare diversamente il nostro mood: non che non funzioni, ma anche nel migliore dei casi gli effetti sono limitati, temporanei, e possono venirci a mancare ben prima che concludiamo il nostro compito.

Ci serve una soluzione più efficace, radicale, diretta, sempre pronta all’uso, basata sulle nostre attuali conoscenze sistemiche.

Il sistema emotivo è antico, e funziona con algoritmi semplici, con regole semplici, adatte a problemi semplici

Occorre sapere con che cosa abbiamo a che fare, ed avere alcune idee sul come averci a che fare: l’allarme va ascoltato, addirittura volontariamente cercato, sopportando la dolorosità del segnale, che inizialmente può essere robusta, e che spinge fortemente ad agire subito. Con l’allenamento le cose migliorano molto, la sofferenza diventa impercettibile,  ma all’inizio è così.

Ascoltare volontariamente l’allarme significa mettere in gioco gli altri nostri sistemi, e le nostre conoscenze sul funzionamento dei nostri sistemi: da una parte l’allarme conferma che stiamo funzionando bene, ed è una buona notizia, è un buon inizio. Ora vediamo di che si tratta.

Il collaboratore non fa quel che deve, allarme scattato, tutto bene. E fermi, stare fermi… eccetto naturalmente quando stando fermi mettiamo in pericolo la vita fisica di qualcuno, nostra o di altri: ed in quel caso limitare l’azione a ciò che è indispensabile a preservare la vita, niente altro.

Bisogna lavorare sull’allarme, e la cosa non è semplice, richiede tempo.

Il sistema emotivo è antico, e funziona con algoritmi semplici, con regole semplici, adatte a problemi semplici, non a problemi complessi. Ad esempio, il nostro sistema emotivo non riesce ad accettare l’evidenza che,

logicamente, necessariamente, ciascuno di noi, in ogni istante della propria vita, fa sempre e soltanto del proprio meglio, non può fare altro.

Siamo macchine costruite per sopravvivere, ogni azione che mettiamo in campo è, in quel momento, la nostra migliore azione possibile: il nostro sistema emotivo non lo sa, come potrebbe, non è suo territorio, non è di sua pertinenza, il suo compito è più semplice e limitato.

Il collaboratore non ha fatto quel che doveva, ha infranto addirittura due regole… e questa è stata la cosa migliore che in quel momento doveva fare.

Esatto, proprio doveva fare ciò che noi classifichiamo come violazione della regola, poiché era la cosa migliore che potesse fare in quel momento, ancora e sempre ha fatto del suo meglio. Come noi, come tutti.

In genere NON è un attacco diretto a noi, ma, anche se lo fosse, la questione non cambierebbe: ha fatto del suo meglio, non il suo meglio.

La distinzione può sembrare sottile, ma non lo è: del suo meglio non è uguale al suo meglio, la differenza è nel tempo e nella prospettiva.

Tempo -  del tutto possibile che abbiamo potuto verificare che il collaboratore, in circostanze simili, abbia fatto in passato molto meglio di ora: il punto è che stiamo guardando questo momento, questo evento, nel tempo specifico in cui si è prodotto, ed in questo momento ciò che vediamo è l’effetto del suo meglio.

Prospettiva - salvo forti pressioni, ciascuno di noi sta nella sua prospettiva, ed il meglio o il peggio lo giudichiamo noi, dalla nostra prospettiva: bisogna assolutamente tenere fermo che occorre vedere le cose anche dalla sua prospettiva, e che l’Assioma del Meglio (ciascuno non può che fare del proprio meglio in ogni istante della sua vita) vale per ciascuno nella propria prospettiva.

Ci vuole allenamento per riuscire a tenere stabilmente questo nel nostro ambiente reale, è tra i compiti più duri e difficili: ma il frutto che ne otteniamo vale la pena.

Ha fatto del suo meglio, e, comprensibilmente, a noi non va bene, non piace, non siamo d’accordo, non possiamo accettarlo: le due cose non sono incompatibili, succede continuamente.

Per noi è indispensabile riuscire, allenandoci, a tenere ferma questa visuale: è verità che ha fatto del suo meglio, ed è verità che a noi non va bene.

È questo il bivio a cui conduce il nostro ottimo sistema emotivo, e che occorre saper riconoscere tempestivamente: da una parte continuare a seguire la direzione della azione immediata, sollecitata dai codici emotivi, sbottare, rimproverare, ordinare, comandare, minacciare rappresaglie, mettere alla berlina, e molto altro ancora, insomma un considerevole armamentario.

Oppure imboccare l’altro sentiero, quello dell’Assioma del Meglio, armati delle nostre sapienze sistemiche, e costruire una soluzione migliore.

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