“Buongiorno!”
Il buongiorno si vede dal mattino, anche questo comune e breve saluto indica, dalle prime note, che cosa probabilmente seguirà.
Siamo più che allenati ad usare costantemente la decodifica emotiva, per intuire il più rapidamente possibile le intenzioni degli altri, per sapere il più presto possibile come orientarci, come disporci rispetto a ciò che probabilmente accadrà.
Noi tutti proviamo emozioni, noi tutti usiamo le emozioni, usiamo le nostre abilità emotive, con maggiore o minor successo, come usiamo le nostre molte altre abilità.
Che cosa facciamo con le nostre emozioni è in parte il frutto delle eredità genetica della nostra specie, in parte il risultato di un addestramento che inizia alla nostra nascita, se non prima, quando ancora galleggiamo nel liquido amniotico.
Possiamo trattare le emozioni così come abbiamo trattato il pensiero? Vederle cioè come declinazioni della interazione tra un Sistema Emotivo ed il suo ambiente di riferimento? Se sì, quale è l’ambiente di riferimento del Sistema Emotivo, e quali sono le relazioni tra le emozioni integrate dal e nel Sistema Emotivo?
Una veloce ricerca permette di “scoprire” che disponiamo, in qualunque lingua, di parecchie decine di nomi che indicano, ciascuno, una specifica condizione emotiva, una specifica emozione: gli studiosi hanno individuato un piccolo numero di emozioni fondamentali, primarie, distinguendole dalle altre, che risultano essere varianti minori o combinazioni delle emozioni primarie, una sorta di teoria dei colori emotivi.
Gioia, paura, amore, disgusto, vergogna, collera e sorpresa sono in genere riconosciute come emozioni primarie, per così dire fondamentali: per noi sistemici non è difficile accogliere che le emozioni siano semplicemente il riflesso, sofisticato ed evoluto, del funzionamento del nostro sistema nocicettivo e del sistema proficettivo.
Gradi di dolore e gradi di piacere integrati nei neurogrammi che governano l’interazione con l’ambiente dei nostri sistemi sensoriali, disponendo l’organismo alle basiche azioni di allontanamento dalle configurazioni di ambiente minacciose per la nostra sopravvivenza, e di avvicinamento alle configurazioni di ambiente di supporto alla nostra sopravvivenza.
Tutto qui. Ed è tantissimo.
Il vantaggio competitivo assicurato dal nostro poterci disporre verso l’azione salvifica in millesimi di secondo è formidabile, la possibilità di clonare le azioni degli altri, di disporci fulmineamente ad azioni di gruppo, consentito dai nostri sistemi di rispecchiamento neurale (scoperta sensazionale delle neuroscienze, 2005) sono ulteriori, straordinari potenziamenti ereditati dalla nostra specie.
Fino all’empatia, “ingrediente” chiave per l’efficace governo della nostra interazione con i nostri simili, anche questa consentita e supportata dal mirroring neurale, prima del pensiero, anche in assenza del pensiero, indispensabile per offrire e ricevere aiuto rispetto a compiti altrimenti impossibili, tra cui l’apprendimento.
E cioè generare nuovi e migliori, più efficaci, codici neurali, neurogrammi.
Alcune configurazioni stabili di relazione tra le emozioni sono riconoscibili, cosa che ci permette di candidare il sistema emotivo come nuovo sistema che entra a far parte dell’insieme dei sistemi di cui ciascun umano è costituito.
Ad esempio il plesso di emozioni chiamate in gioco nella interazione madre-bambino, nella interazione di accoppiamento, nel comportamento alimentare, nella interazione con il gruppo di appartenenza, inclusa la gerarchia[1].
Provare emozioni, usare questi specifici neurogrammi, non sembra richiedere che disponiamo di un ambiente virtuale, indispensabile ai sistemi pensiero: l’ambiente di riferimento del sistema emotivo sembra consistere del flusso continuo dei processi neurali correlati al funzionamento del sistema sensoriale, integrati con i processi dei sistemi proficettivo e nocicettivo.
Impossibile separare narrazione ed emozione, impossibile ignorare il contributo del sistema emotivo a qualunque narrazione umana, al pensiero, alla costituzione dell’Altro, al governo della interazione con il nostro ambiente reale e con gli Altri.
La risposta al “buongiorno!” dipende anche, molto, dal contributo dei sistemi emotivi di chi narra e di chi accoglie la narrazione: nella nostra comune esperienza quotidiana dipende da come il Narratore lo dice, se in un certo modo è buon segno, se in un altro modo ci sono guai in vista.
Dalla parte dell’Altro, di chi accoglie la narrazione, molto dipende da chi è per l’Altro il Narratore, se amico o nemico: di nuovo, se l’altro è amico o nemico, primariamente, in centesimi di secondo, è il sistema emotivo a indicarlo chiaramente.
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Ora abbiamo in campo tutti i nostri sistemi, possiamo contare su alcune conoscenze circa il loro contributo al nostro governo della interazione con l’ambiente: motorio, sensoriale, proficettivo, nocicettivo, emotivo, pensiero operazionale, simbolico, egoico.
Ciascuno di essi ha un ambiente di riferimento, riconosciamo la nostra continua ed assidua frequentazione, simultanea, con l’ambiente reale e con l’ambiente virtuale, i prevalenti effetti correlati alle condizioni in cui i due ambienti sono simili, se non identici, oppure dissimili.
Troppo complicato? Probabilmente è anche più complesso di così, ma non possiamo rinunciare a proseguire il nostro cammino: il prossimo passo è di mettere in gioco due unità sistemiche, il Narratore e l’Altro, e mettere a fuoco alcune delle condizioni che permettono all’Altro di accogliere la narrazione del Narratore.
[1] Qui il discorso è lungo, delicato e complesso, non abbiamo spazio per svilupparlo, lo indico qui come uno dei nodi con cui dovremo avere a che fare in seguito.