Non basta forse esistere, per essere soggetti? Noi, di solito, se proprio non abbiamo di meglio da fare, non ci occupiamo di questi contorcimenti filosofici.
Magari a qualcuno è venuto in mente Cartesio (René Descartes, il mio prof del liceo di teneva molto), con il suo penso-dunque-sono, o forse Damasio, più recente, con il suo sento-dunque-sono (nel senso di provare emozioni), ma nel nostro quotidiano per noi è ovvia la risposta: siamo vivi, esistiamo, certo siamo soggetti, io-tu-lei-noi-voi-essi, elementare.
Ci si abitua in fretta alla ricchezza ed alla buona salute, chi ce l’ha non ci pensa, solo quando perdiamo l’una o l’altra scopriamo quanto sia complicato, complesso, tutto quello che ci gira intorno, le condizioni che ci permettono di star bene: anche per i nostri scopi, occorre abbandonare la riposante condizione dell’ovvio riscontro della facile esistenza del soggetto, e partire da più lontano.
Nessuno sa esattamente come funzioniamo, pensiero, memoria, apprendimento, attenzione, coscienza sono solo termini che indicano qualcosa che non ci è visibile, ma che collega, connette pezzi del nostro ambiente reale: qualcosa che certo è connesso al nostro sistema neurale, anche se nessuno sa dire esattamente come.
Insomma, usiamo congetture, per orientarci e cercare di cavarcela meglio che possiamo nell’avere a che fare con il nostro funzionamento: se da un lato dobbiamo rassegnarci ai tempi lunghi della ricerca scientifica, di cui non è possibile oggi avere nemmeno un’idea del termine, in attesa di risposte certe e finalmente esplicative, dall’altro possiamo tentare di migliorare le nostre provvisorie congetture.
Per arrivare all’Io-Narrante dobbiamo dotarci di qualcosa in più di quanto abbiamo sin qui dispiegato, ci serve una congettura più complessa ed articolata, che ci aiuti a risolvere alcuni paradossi altrimenti insolubili, e a comporre, collegare elementi altrimenti in contraddizione: insomma ci serve un altro sistema.
Tra i paradossi e le contraddizioni possiamo porre certamente ciò che chiamiamo leadership, ed il sollievo che deriva dalle “buone” psicoterapie: la nostra natura autopoietica, il cui riscontro è indubitabile, pressoché “oggettivo”, è incompatibile con entrambe.
A fronte dell’ovvia esistenza dell’Io, annaspiamo per spiegarci il “funzionamento” della coppia, del gruppo, e capitoliamo all’emergere della personalità multipla; coscienza, consapevolezza e inconscio forniscono infinito filo da torcere.
È tenendo in mente anche questi elementi che abbiamo deciso di dotarci di una congettura, la sistemica, relativamente più articolata di quelle oggi comunemente disponibili, e che ora integriamo con un altro sistema, il Sistema Pensiero Simbolico, sistema che ha per ambiente i problemi che il Sistema Pensiero Operazionale, integrato con tutti gli altri sistemi indicati in precedenza, non è riuscito a risolvere[1].
È nella nostra comune osservazione distinguere, con minore o maggiore facilità, i pensieri che riguardano le cose e le relazioni tra le cose, dai pensieri che riguardano i pensieri che riguardano le cose e le relazioni tra le cose: il pensiero sul pensiero è altro dal pensiero sulle cose.
Nulla di nuovo, una ottima e completa raccolta dei modi di operare del pensiero sul pensiero è a nostra disposizione da oltre duemila anni, sono i capitoli che raccolgono tutte le variazioni possibili di tre tipi di operazioni: metafora, metonimia e sineddoche.
Uno dei più comuni blocchi del pensiero operazionale è trattare la parte come se fosse il tutto: il flogisto ha dominato per secoli le diagnosi mediche, prima che a qualcuno venisse in mente che ci potesse essere altro, e incominciasse ad andare alla ricerca dei virus.
Con un po’ di pazienza e molto tempo potremmo individuare per ogni variante un esempio “concreto”: se la pazienza non ci manca, il tempo invece sì, il punto mi sembra solido a sufficienza per poter procedere.
Ed è anche e soprattutto nel governo della interazione con gli altri, con l’altro, con quelle configurazioni di ambiente in cui troviamo i nostri simili, che le cose sono spesso difficili e incomprensibili, dove le soluzioni del Sistema Pensiero Operazionale si dimostrano spesso inefficaci, e dove il Sistema Pensiero Simbolico riesce ad attenuare, se non risolvere, le difficoltà.
Avere a che fare con l’Altro, con gli Altri, è per noi il fuoco di maggior interesse, dobbiamo necessariamente articolare di più la descrizione della configurazione del Sistema Pensiero Simbolico: poco fa abbiamo definito l’ambiente di riferimento del Sistema Pensiero Simbolico come costituito dai problemi che il Sistema Pensiero Operazionale non riesce a risolvere.
Si tratta di una abbreviazione, di una semplificazione del complesso percorso che avremmo dovuto fare per riuscire a rendere conto di come vengono affrontate le difficoltà che la nostra macchina sistemica incontra, per ora prendiamola così, e procediamo: il primo problema da risolvere parrebbe proprio chi o che cosa è l’Altro.
Ma non possiamo evitare di avere a che fare, più o meno simultaneamente, con il correlato di qualunque Altro riusciamo a individuare: già, l’Io.
Per il Sistema Pensiero Operazionale l’Altro ed Io sono solo due sotto-configurazioni della più ampia configurazione di ambiente, due “oggetti” integrati nell’ambiente virtuale con cui ha a che fare: la consapevolezza di sé, costitutiva del Soggetto, la costituzione dell’oggetto Io come soggetto pensante, consapevole di sé è uno dei frutti del lavoro del Sistema Pensiero Simbolico, sistema che appunto si occupa dei problemi che il Sistema Pensiero Operazionale non riesce a risolvere.
Vediamo così il progressivo stratificarsi e svilupparsi della nostra evidente capacità di generare neurogrammi, codici neurali a guida (relativamente) stabile delle nostre azioni: dai riflessi incondizionati ereditari, dotazione dei primi quattro sistemi (motorio, sensoriale, proficettivo e nocicettivo), ai riflessi condizionati contributo del sistema emotivo, sistema che dovremo riprendere in esame tra poco.
Dai riflessi condizionati ai riflessi ri-condizionati, frutto del contributo del Sistema Pensiero Operazionale, e da questi ai riflessi ri-ri-condizionati, spettacolare apertura fornita dal Sistema Pensiero Simbolico.
E ora vediamo come riusciamo a cavarcela con l’Io e con l’Altro.
[1] Sarebbe molto lungo e temo disagevole riportare qui i perché e i percome di questa decisione, rinvio ad un momento successivo il compito, che in parte ho svolto in un mio lavoro precedente, di qualche anno fa. Come si è visto sin qui, il riferimento ad altri studiosi è ridotto all’osso, per non dire inesistente, purtroppo le mie ricerche hanno dato esito negativo: delle cose, per come le stiamo guardando ora, sembra non si sia occupato ancora nessuno. Anche se a malincuore, indico il solo riferimento che conosco, che purtroppo è un mio lavoro.