Pensiero 1

Sin qui, le evidenze su cui ciascuno può contare hanno fornito terreno relativamente solido al nostro cammino, in fondo abbiamo solamente trasportato il cinguettio intercettato dall’ambiente reale all’ambiente virtuale.

Ambiente virtuale entro cui ci è possibile, se non proprio risentirlo, rievocarlo a nostro piacimento, e compiere sul cinguettio una serie considerevole di operazioni: alcune le abbiamo viste nella parte dedicata alla filogenesi, altre le stiamo facendo ora, un pezzetto della nostra narrazione lo riguarda, possiamo averci a che fare indipendentemente dal fatto che il cinguettio si produca nell’ambiente reale.

Le operazioni che abbiamo compiuto e stiamo compiendo circa il cinguettio sono azioni guidate dai nostri neurogrammi, configurazioni stabili di istruzioni neurali: abbiamo chiamato Sistema Pensiero l’insieme integrato dei nostri neurogrammi, tenendolo distinto dai codici neurali, dalle altre istruzioni neurali che costituiscono l’ambiente virtuale e l’oggetto di cui ci stiamo occupando.

Anche se non sappiamo esattamente come il nostro sistema neurale, per così dire, produca l’ambiente virtuale in cui ciascuno di noi si trova (lo abbiamo definito proprietà emergente del sistema neurale, tecnicamente corretto, ma non ci dice nulla su come questo accada), possiamo tuttavia accettare che vi sia una differenza tra le istruzioni neurali che “producono” l’ambiente virtuale, e con esso il cinguettio virtuale, e le istruzioni neurali (i neurogrammi) che utilizziamo per avere a che fare con l’ambiente virtuale ed il cinguettio virtuale.

La differenza che possiamo individuare è costituita dalla evidenza che i secondi, i neurogrammi, per così dire, operazionali, sono al lavoro sui primi,  codici neurali anch’essi, che a loro volta, con qualche evidenza, NON sono al lavoro su altri codici neurali.

Questi primi codici neurali hanno svolto e svolgono il lavoro preziosissimo di integrazione e stoccaggio dei dati sensoriali e motori prodotti dai nostri sistemi più a diretto contatto con l’ambiente reale, coordinando l’azione del nostro organismo al fluire delle configurazioni di ambiente.

Essi sono l’insieme di quegli elementi che rendono possibile la straordinaria meraviglia costituita dai riflessi incondizionati (pensiamo al solo riflesso della suzione per il neonato), integrando i dati del sistema sensoriale, motorio, nocicettivo e proficettivo in plessi-sequenze di azioni salvifiche correlate alla configurazione di ambiente reale con cui abbiamo a che fare, azioni che mutano al mutare delle configurazioni di ambiente.

Plessi-sequenze di azioni che NON hanno bisogno del pensiero, non devono essere pensate per potersi attuare, è la danza della vita, organismo e ambiente, organismo vivente che fa del suo meglio per sopravvivere, agendo nel modo più appropriato in correlazione ai mutamenti del suo ambiente reale.

Ambiente reale di cui fa parte anche lo stesso organismo, naturalmente, con gli inevitabili mutamenti che lo riguardano, mutamenti che si correlano a ciò che noi chiamiamo fame, sete, stanchezza, desiderio sessuale…

I neurogrammi che abbiamo raccolto nel Sistema Pensiero, in breve, “lavorano” sui codici, elaborandone varianti utili, arricchendo così le nostre possibilità di azione in vista della nostra sopravvivenza.

Lo abbiamo chiamato Sistema Pensiero, e dobbiamo rendere conto del perché lo identifichiamo come sistema: dalle nostre premesse dobbiamo riuscire a rintracciare una configurazione stabile di un insieme di elementi, almeno qualche relazione stabile tra gli elementi che lo costituiscono.

Possiamo individuare alcune relazioni stabili tra i neurogrammi (e plessi di neurogrammi) che costituiscono il Sistema Pensiero osservando ciò che stabilmente il Sistema Pensiero riesce a fare rispetto agli elementi dell’ambiente virtuale con cui ha a che fare.

Ad esempio, li può eliminare, moltiplicare, ridurre di dimensione, accrescere, deformare, spostare, porli in sequenze diverse, scomporli in parti e riaggregarli in “oggetti” diversi…

L’elenco è più esteso, ma non molto: se queste (e altre) sono le azioni che stabilmente il Sistema Pensiero Operazionale compie, allora possiamo dedurre che esistono relazioni stabili tra i neurogrammi che costituiscono il Sistema Pensiero Operazionale.

Per avere a che fare con l’ambiente virtuale, ottenendone modificazioni di cui ciascuno di noi può fare direttamente prova, il Sistema Pensiero Operazionale attiva neurogrammi secondo schemi di relazione, plessi sequenze che dobbiamo necessariamente riconoscere come guide, istruzioni neurali che guidano le diverse azioni (operazioni) che il Sistema Pensiero Operazionale può compiere, alla ricerca della migliore azione per noi, quella azione che potrà essere sviluppata nell’ambiente reale dal  nostro intero organismo.

Dovremo rinunciare ad occuparci poi di come dal laboratorio virtuale torniamo nell’ambiente reale, effettuiamo i nostri test, e poi torniamo in laboratorio per ulteriori messe a punto, e poi di nuovo nell’ambiente reale, fino a quando otteniamo il risultato desiderato, se non per quest’ultimo punto: l’ambiente reale e la nostra interazione con esso, alla fine del processo, coincide con l’ambiente virtuale e con la interazione che abbiamo finito di modificare.

L’opera è compiuta, ma il punto che è importante sottolineare qui è che il compimento dell’opera si accompagna, generalmente, a una più o meno intensa soddisfazione: cosa che non ci stupisce, dato che opera compiuta significa essere riusciti a ottenere una configurazione di ambiente favorevole a noi, condizione puntualmente segnalata dal nostro sistema proficettivo.

L’aspetto che rischia di essere trascurato è proprio quello relativo alla identità, o almeno forte similarità delle configurazioni degli ambienti in cui a quel punto ci troviamo: non soltanto abbiamo ottenuto una configurazione di ambiente reale favorevole alla nostra esistenza, ma abbiamo ottenuto questo in concomitanza con quella importante condizione che, per brevità, ho preferito definire come rispetto del principio di similarità.

È una condizione importante poiché anch’essa è integrata con i nostri sistemi di allarme e di direzionamento, i sistemi nocicettivo e proficettivo, sistemi che puntualmente registrano e per così dire “spingono” alla azione in modo univoco, a seconda della condizione in cui i due ambienti sono sostanzialmente uguali (sistema proficettivo) oppure non sono affatto simili (nocicettivo).

Insomma, quando reale e virtuale concordano siamo “contenti” della condizione, quando discordano siamo preoccupati: magari è un falso allarme, ma è una antica misura di sicurezza, a protezione del buon funzionamento del nostro pensiero.

Oltre ad essere, simultaneamente, una possente sorgente, possiamo dire,  motivazionale: se i due ambienti non sono simili, occorre fare qualcosa, tutto il possibile affinché lo diventino nel più breve tempo possibile, a nostra salvaguardia.


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